L’artrosi è una patologia che colpisce diffusamente tutte le articolazioni , in particolare anca, ginocchio e rachide. La diagnosi dell’artrosi di ginocchio (gonartrosi) è clinica e strumentale. Clinicamente i Paz. presentano una sintomatologia dolorosa correlata all’attività svolta che tende a diminuire con il riposo e si aggrava con l’attività motoria in carico. Oltre al dolore può essere presente versamento articolare, a volte il versamento intra -articolare può limitare la flessione con necessità di artrocentesi, il movimento può determinare scrosci articolari, l’articolazione può presentare una deformità del profilo anatomico con deviazione in varo o valgo, deficit di flessione o estensione, zoppia, ipotonotrofia del quadricipite. La valutazione strumentale dell’artrosi si basa sulla radiografia, meglio in carico, del ginocchio in 2 p. Ulteriori valutazioni di secondo livello come la TAC o RMN possono essere utili in caso di dubbi in cui le radiografie non hanno chiarito l’origine della sintomatologia dolorosa. Dai radiogrammi si possono riscontrare : diminuzione asimmetrica della rima articolare, presenza di cisti sub condrali, osteofitosi marginale, sclerosi sub condrale. Lo stadio di progressione radiografica / anatomica dell’artrosi varia da 1 a 4 (stadio 4 è l’esposizione dell’osso sub-condrale con chiusura della rima articolare).
Dopo valutazione del paziente e la corretta indicazione alla procedura chirurgica vanno valutati i rischi operatori eseguendo eco, ecocardio, ecodoppler degli arti inferiori e tronchi sovra-aortici. Il rischio di sviluppare una trombosi venosa profonda è molto alta se non viene effettuata un’adeguata profilassi anti-tromboembolica, identificare i Paz. a rischio di questa complicanza è molto importante; i principali fattori predisponenti sono : precedente tromboembolico, età avanzata, obesità, vene varicose, insufficienza cardiaca congestizia, ipercoagulabilità, ipomobilità prolungata, uso di estrogeni, procedura chirurgica lunga, complessa con traumatismo dei tessuti molli, procedura bilaterale (doppia artroprotesi).
Trattamento chirurgico – nella protesi totale o mono compartimentale di ginocchio gli obiettivi da raggiungere sono : la risoluzione del dolore, stabilità dell’impianto e articolarità funzionale (almeno da 0°-100°). Il tipo di ancoraggio è importante per garantire un buon risultato. Le possibilità sono impianti non cementati o cementati. I non cementati necessitano di una integrazione da parte dell’osso all’impianto grazie ad uno strato osteo-induttore all’interfaccia, gli impianti cementati si ancorano grazie all’apposizione di un cemento che rende subito solidale l’impianto all’osso. Si ritiene che le protesi cementate nel tempo vadano incontro ad uno scollamento dovuto alla necrosi dell’osso al di sotto del cemento a contatto dell’osso dovuto alla temperatura che il cemento raggiunge quando solidifica. Le protesi non cementate dovrebbero invece col tempo essere sempre più solide. Si ritiene, come per le artroprotesi d’anca, che negli anziani siano da preferire gli impianti cementati in quanto è facile riscontrare una cattiva qualità dell’osso. Spesso si riscontrano geodi-cisti subconcondrali e la soluzione cementata da una stabilità primaria immediata, consentendo un carico immediato, mentre le non cementate hanno un periodo di integrazione durante il quale il paziente può riferire dolore. I pazienti con edema diffuso della midollare ossea dovrebbero essere trattati con terapie fisiche e mediche appropriate per risolvere l’edema prima dell’intervento di artroprotesi.
La riabilitazione del ginocchio protesizzato – Molti chirurghi usano gli stessi protocolli post operatori , indipendentemente che la protesi sia cementata o meno. Il razionale di questa indicazione è che normalmente la fissazione delle componenti femorali e tibiali è così stabile che la mobilizzazione è rara. La tibia è caricata in compressione , la stabilità raggiunta nei moderni impianti è adeguata per sostenere un carico completo. Tuttavia se l’osso non è in buon stato ed è osteoporotico bisogna posticipare il carico completo con un carico progressivo, evitando torsioni e usando la regola del “carico senza dolore”. Il range articolare del ginocchio dovrebbe arrivare ad almeno a 0° di estensione e 110° di flessione. Importante che già in sala operatoria si raggiunga l’estensione completa e una flessione di almeno 90°. Gli obiettivi della prima fase riabilitativa comprendono la riduzione progressiva del dolore, il recupero completo funzionale del ginocchio da 0° a 110° almeno nei primi 20-30gg. e l’autonomia funzionale nelle attività della vita quotidiana entro i 30 gg.. Dopo l’intervento può essere utilizzata la mobilizzazione passiva continua (MPC). Esistono dati discordanti sugli effetti della MPC in quanto in alcuni pazienti , soprattutto anziani, è stato osservato un aumento delle problematiche connesse con la ferita operatoria. La causa è che ” la pressione di ossigeno della cute vicina all’incisione diminuisce in maniera significativa quando il ginocchio è flesso oltre i 50°”. Pertanto in paz. anziani con problematiche vascolari periferiche agli arti nei primi giorni la mobilizzazione deve essere molto lenta (1 ciclo al minuto) con una flessione da 0° a 50°, controllando sempre la cute se presenta segni di sofferenza. Nella maggior parte dei paz. quando il ginocchio non è edematoso e non vi sono problemi vascolari la MPC deve raggiungere in tempi brevi l’escursione articolare di 0° a 90°. entro la prima settimana. Controllare sempre che l’estensione del ginocchio sia sempre completa, non utilizzare mai il cuscino sotto il ginocchio per la notte ed evitare la rotazione esterna dell’arto inferiore per non comprimere lo SPE al capitello peroneale. Utilizzare sempre le calze elastiche nell’alzata, la compressione esterna riduce l’edema, aumenta la velocità del flusso sanguigno, sia nelle vene superficiali che profonde, diminuendo la stasi venosa. La mobilizzazione manuale del ginocchio , la mobilizzazione passiva della rotula, della T.T. e dell’anca sono estremamente importanti con il progressivo aumento dell’escursione articolare. Si utilizzano le contrazioni attive i modalità isometrica-isotonica dell’arto operato e controlaterale. Gli esercizi in catena cinetica chiusa (con il piede appoggiato al suolo) come ad esempio le flessioni da 0 a 40° possono essere utilizzate per consentire un recupero rapido della funzionalità del ginocchio. Utili sono le fasi cadenzate del passo con l’aiuto delle stampelle (appoggio del tacco, pianta piede e fase di spinta dell’avampiede) per migliorare il passo evitando la zoppia. Gli esercizi in estensione attiva a catena cinetica aperta si utilizzano per recuperare l’estensione completa, possono essere utilizzati anche con resistenze a condizione che il ginocchio sia completamente esteso e la resistenza sia applicata prossimalmente all’articolazione. La cyclette a bassa resistenza e a sella alta, pedalando sia con le punte che con il tallone risulta essere utile per l’articolazione. L’attività motoria in acqua favorisce un rilasciamento muscolare completo e una miglior coordinazione. L’esercizio terapeutico in acqua è fondato su 3 principi : effetto idrostatico che si basa sul principio di Archimede, effetto idrodinamico rappresentata dalla resistenza del liquido che si oppone al movimento ed effetto idrotermico determinato dalla temperatura dell’acqua che induce rilassamento muscolare e azione sedativa. Raggiunta un’articolarità quasi completa sia in estensione che in flessione si aumenta il potenziamento muscolare; la deambulazione, concessa già dai primi gg. con l’aiuto delle stampelle, si cerca di arrivare al carico completo entro il primo mese con abbandono della stampella dal lato operato, educando il paz. a trasferire il carico dal tallone alla punta. Importante risulta la correzione di eventuale eterometria degli arti inferiori in modo da rendere più equilibrata la stazione eretta e la deambulazione. Gli esercizi su tapis roulant a bassa velocità devono essere continuati; il Paz. deve essere educato nel salire e scendere le scale e a calzare le scarpe accavallando le gambe per renderlo autonomo nelle attività della vita quotidiana. Profilassi della trombosi venosa profonda – L’incidenza della TVP dopo una protesi di ginocchio è già relativamente elevata basandosi sulla sola diagnosi clinica (dall’1% al 10%) per cui il trattamento va mantenuto sino al raggiungimento della deambulazione autonoma , utilizzando le calze elastiche. Una complicanza temutissima è l’infezione che può essere precoce o tardiva. La diagnosi di infezione precoce è clinica e strumentale. Il dolore, gonfiore, arrossamento, febbre con aumento dei globuli bianchi (neutrofili), aumento della VES devono far sospettare una infezione. Gli stessi sintomi valgono per le infezioni tardive che possono essere indagate con le Rx (scollamento dell’impianto) e con scintigrafia con leucociti marcati. Gestione dei problemi riabilitativi – Difficoltà ad ottenere l’estensione completa del ginocchio : iniziare con la camminata all’indietro, effettuare estensione passiva con il paz. prono con la gamba fuori dal lettino o da supino mettere un cuscino sotto il tallone (non utilizzare il cuscino sotto il ginocchio di notte). Flessione ritardata del ginocchio stiramento passivo in flessione, Cyclette con sella bassa senza resistenza pedalando in avanti e soprattutto indietro.
Raccomandazioni per le attività a lungo termine – L’intensità dell’attività fisica deve essere dosata in modo da non produrre dolore. La corsa, il salto o lunghe camminate su terreni sconnessi devono essere evitati; le scarpe devono essere ben imbottite sotto il tallone e nella suola. La durata dell’attività non deve essere spinta al massimo e deve avere frequenti periodi di pausa. Le prime attività da svolgere a lungo termine sono il nuoto (non a rana), la bicicletta con sella alta e il camminare preferibilmente no sui terreni sconnessi e in discesa.
Conclusioni – La protesi è una struttura artificiale che sostituisce i normali rapporti articolari di un distretto anatomico compromesso. La riabilitazione pre 0peratoria prevede la preparazione all’intervento al fine di ridurre i tempi di recupero (utilizzare le stampelle, salire e scendere le scale con le stampelle, esercizi di mobilizzazione con stiramenti delle catene muscolari anteriori e posteriori degli arti inferiori. Il programma riabilitativo deve essere personalizzato sul singolo paziente e deve proporsi obiettivi differenti in base alle condizioni generali e cognitive del paziente. L’intervento di artroprotesi si pone come obiettivo di portare il paziente al raggiungimento di una autonomia funzionale di tutte le attività della vita quotidiana nel più breve tempo possibile.
Cassi dr.Mario Bibliografia Mauro, Cataldo, Sanfilippo, Maltese – Approccio riabilitativo al paziente protesizzato ; Ursino, Dagnino – protesi di ginocchio nel paziente anziano