L’artroprotesi d’anca è un intervento che sostituisce l’intera articolazione dell’anca (acetabolo e testa del femore). Le artroprotesi possono essere cementate o non cementate : in generale nei paz. anziani con scarsa richiesta di attività fisica, con osso osteoporotico, la componente acetabolare e l’infibulo vengono cementati; nei paz. più giovani solitamente si utilizza la protesi non cementata in quanto potrebbe essere sostituita più facilmente dopo anni in caso di necessità: queste sono solo linee guida generali . Il carico su una protesi d’anca cementata o non cementata subisce delle modifiche relative nella prima fase della riabilitazione. Il cemento offre già una massima resistenza 15 minuti dopo l’inserimento e quindi alcuni chirurghi concedono già un carico totale ma assistito da ausili (stampelle) subito dopo l’intervento. Altri chirurghi ritengono che sia utile usare una restrizione al carico fino a che l’osso non si sia ricostituito nella sua interfaccia con il cemento (osteo-integrazione), in quanto viene, l’interfaccia, danneggiata da componenti meccaniche ma soprattutto termiche del cemento. Per la osteo- integrazione sono necessarie 6 settimane. La maggior parte dei chirurghi ritiene invece che la stabilità iniziale ottenuta con il cemento è tale da permettere l’immediato carico completo, sempre però assistito da ausili per evitare la zoppia. La zoppia è un elemento disfunzionale che va sempre corretto al fine di evitare sindromi disfunzionali ascendenti e discendenti dolorose (sul rachide dorso lombare) che determinano delle lombo-inguino-cruralgie riflesse (vedi le lombalgie meccaniche da sovraccarico laterale). Con una protesi d’anca non cementata la fissazione iniziale è a pressione-incastro e la fissazione completa dell’impianto viene raggiunta a completamento dell’osteo-integrazione tra osso e protesi dopo qualche mese. Pe questa ragione alcuni chirurghi richiedono un carico sfiorante-progressivo sino a carico totale dopo 40 gg.. Altri invece pensando che la stabilità iniziale sia adeguata, permettono il carico a tolleranza subito dopo l’intervento.
I PROTOCOLLI RIABILITATIVI dopo protesi totale d’anca sono generici solitamente, ma devono essere adeguati ai singoli pazienti, il rapporto collaborativo tra medico-paziente e fisioterapista è necessario e importante. PRECAUZIONI: le torsioni sull’arto sono proibite nei primi 3 mesi (la resistenza iniziale in rotazione di un’anca non cementata è bassa), l’elevazione dell’arto inferiore a ginocchio esteso e l’abduzione dell’anca in decubito laterale possono produrre nel primo mese forze di taglio destabilizzanti quindi bisogna essere cauti nella riabilitazione e soprattutto non attivarla con pesi. ISTRUZIONI AL PAZIENTE – dopo protesi totale d’anca con via chirurgica posteriore il paziente non deve chinarsi eccessivamente in avanti quando è in piedi per raccogliere oggetti da terra, non deve chinarsi in avanti col busto per alzarsi dalla sedia o seduto sul letto per sistemare le coperte, non deve accavallare le gambe, utilizzare un alza water, non deve sdraiarsi sul fianco sano senza utilizzare un cuscino tale gambe, non deve stare in piedi con le punte dei piedi rivolte all’interno, non deve chinarsi per infilare le ciabatte o scarpe , al letto utilizzare un cuscino tra le ginocchia, sia in posizione supina che laterale (il decubito laterale deve essere sempre sul lato sano almeno per 3 mesi). Dai primi giorni praticare la manovra di Thomas per evitare la retrazione dei flessori dell’anca (in decubito supino a letto, tirare il ginocchio sano verso il petto e nello stesso tempo spingere l’altro arto in estensione contro il letto. La cyclette si può utilizzare con sella alta. Training per le scale : l’arto sano sale per primo il gradino, l’arto operato scende per primo dal gradino (il buono sale in paradiso, il cattivo scende all’inferno). Stampelle : consiglio l’uso a lungo termine di una stampella nella mano controlaterale all’anca operata per ridurre al minimo le forze che gravano sulla protesi e per evitare la zoppia. PROBLEMATICHE dopo intervento di PTA – Segno di Trendelemburg (zoppia) persistente, dovuto a ipostenia abduttori d’anca, la fisioterapia deve concentrarsi sul rinforzo degli abduttori dell’anca, valutare una eventuale dismetria, l’ipermetria dell’arto operato va corretta subito, l’ipometria del lato operato può essere corretta successivamente. Retrazione dei flessori dell’anca : il paz. non deve utilizzare il cuscino sotto le ginocchia dopo l’intervento, il paz. deve eseguire la manovra di Thomas più volte al giorno. Difetti della deambulazione : la maggior parte dei difetti nella deambulazione è causata dalla contrattura in flessione dell’anca. Il primo difetto si evidenzia quando il Paz. esegue un passo anteriore lungo con l’arto operato e un passo anteriore corto con l’arto sano (il Paz. fa questo per evitare l’estensione dell’anca operata) ; quindi il Paz. deve fare passi anteriori più lunghi con la gamba sana. II secondo difetto si verifica quando il ginocchio del Paz. cede nella seconda fase dell’appoggio del piede, anche questo difetto si verifica per evitare l’estensione dell’anca. Il terzo difetto si verifica quando il Paz. si china in avanti a livello del bacino nella fase intermedia e finale dell’appoggio. Talvolta la zoppia si presenta come un’abitudine ed è difficile da eliminare : un ausilio utile può essere nelle fasi iniziali una stampella e / o la rieducazione del passo davanti allo specchio, così il paziente può osservarsi e correggersi.
COMPLICANZE DELLA CHIRURGIA PROTESICA – i fattori associati ad una aumentata incidenza di complicanze sono : l’età, malattie cardiologiche, anemia pre-perioperatoria, tipo di anestesia, diabete, obesità, fumo. Tra le complicanze generali troviamo la trombosi venosa profonda (TVP) e l’embolia polmonare (EP). La TVP può essere silente o associata a dolore locale all’arto inferiore e si accerta con l’esame Ecocolor-doppler agli arti inferiori. L’EP si manifesta con dispnea, tosse, tachipnea, tachicardia sino al collasso cardio-polmonare. Qsto tipo di complicanza è più frequente nei primi 30 gg post operatori. La predisposizione alla TVP può avvenire nelle fasi chirurgiche con i movimenti torsionali dell’arto e la pressione prolungata dei divaricatori nei tessuti molli in grado di determinare un rallentamento del flusso venoso e un danno endoteliale nelle pareti venose. La profilassi meccanica con elastocompressione degli arti inferiori, la precoce mobilizzazione e la profilassi farmacologica con eparina a basso peso molecolare sono fondamentali per la prevenzione. La sindrome acuta da cementazione o da embolia adiposa è una causa di morbilità nei Paz. anziani, debilitati, con cardiopatie, ipertensione arteriosa e polmonare, tumori, metastasi ossee, difetti del setto atriale e forame ovale pervio. La causa è dovuta a materiale proveniente dal midollo osseo che embolizza a livello polmonare ed encefalico per l’aumento di pressione all’interno del canale femorale.Gli emboli possono essere costituiti da grasso, particelle di cemento o di osso, aria e aggregati di piastrine e fibrina. Questo processo si può determinare durante le diverse fasi dell’intervento : preparazione del canale midollare con le raspe, cementazione, impianto delle componenti e nella riduzione dell’articolazione . Il quadro clinico si presenta on ipossia, ipotensione, aritmie cardiache, confusione e arresto cardio-circolatorio. Nella maggior parte dei casi si presenta come un evento di scarso rilievo clinico che si limita ad un aumento delle resistenze vascolari polmonari, associato ad una transitoria riduzione della saturazione arteriosa e della pressione sistemica. Lesioni del sistema nervoso periferico possono essere determinate da un trauma diretto, tensione sul nervo, compressione con ischemia e danno termico. Il rischio aumenta in caso di precedenti interventi chirurgici dell’anca per la formazione di aderenze che limitano la mobilizzazione del nervo. I nervi interessati dell’arto inferiore possono essere : il nervo femorale con comparsa di parestesie a livello della faccia antero-mediale della coscia e debolezza del quadricipite; il nervo otturatorio con dolore persistente a livello della coscia e dell’inguine associato a deficit degli adduttori; il nervo gluteo superiore con deficit di abduzione dell’arto ; il nervo sciatico con quadro clinico di “piede cadente”. Il nervo sciatico popliteo esterno (spe) può essere compresso successivamente per un cattivo nursing posizionale dell’arto inferiore al letto, quando il Paz. assume una extra-rotazione dell’arto inferiore con conseguente schiacciamento del nervo a livello del capitello peroneale. Ricordiamo anche le lesioni da stiramento dei nervi dell’arto superiore in seguito ad un cattivo posizionamento dell’arto superiore sul lettino operatorio. Fratture periprotesiche si possono verificare a carico del segmento femorale e dell’acetabolo. Queste fratture si determinano nella fase di lussazione della testa omerale, nella preparazione del canale, al momento di introduzione dello stelo protesico e nella fase di valutazione della stabilità dell’impianto a seguito di torsioni in intra-extra rotazione. Le fratture intra operatorie si localizzano prevalentemente al terzo medio inferiore del femore ma possono interessare anche il trocantere. Se avviene l’interessamento del trocantere si procede alla sintesi per evitare di compromettere la validità abduttoria del medio e piccolo gluteo. Le fratture intra-operatorie dell’acetabolo sono rare e sono causate nella fase di preparazione dell’acetabolo con raspe. Le lussazioni sono tra le complicanze che nell’anziano hanno un fattore di rischio aumentato per i deficit neuro muscolari, mancanza di collaborazione, demenza senile, Parkinson , esiti di emisindrome motorie con ipertonie. La maggior parte delle lussazioni si realizza nei primi mesi dall’impianto o nel decorso della riabilitazione post intervento, ma possono avvenire anche a distanza di anni. Tutte le complicanze sovra descritte necessitano di programmi riabilitativi modificati in relazione alla morbilità acquisita. CONCLUSIONI: la riabilitazione di una protesi totale d’anca può essere complessa e richiedere un approccio multidisciplinare attento e collaborativo tra il medico e il fisioterapista soprattutto se sono presenti delle complicanze. Il trattamento riabilitativo del paziente anziano non si esaurisce nell’immediata dimissione da un reparto riabilitativo, ma deve proseguire nei mesi successivi al fine di evitare e/o correggere tutte le possibili complicanze e portare il Paz. ad essere autonomo nelle attività proprie della vita quotidiana e lavorativa.
Cassi dr. Mario