Introduzione – Quando noi clinici valutiamo un paziente con lombalgia da sospetta instabilità segmentaria dobbiamo sempre porci alcune domande : 1- qual’è la natura anatomo-patologica dell’instabilità ? l’ipotesi più accreditata sarebbe una riduzione in altezza del disco intervertebrale (discopatia), associata ad una lassità dei legamenti e delle capsule articolari inter-apofisarie posteriori con successiva degenerazione articolare sino ad avere un aumento anomalo del movimento. Con il trascorrere degli anni, la stabilità dei segmenti di movimento si riduce progressivamente per l’insorgenza dell’artrosi. 2- qual’è la natura biomeccanica dell’instabilità segmentaria ? Se l’instabilità è una mancanza di stabilità, i rilievi più comuni in termini di biomeccanica, sono un aumento della mobilità dovuti a movimenti vertebrali anomali, risposte anomale a carichi fisiologici ma ripetitivi applicati su segmenti vertebrali anomali (carico anomalo per durata e intensità su vertebrali normali, oppure carico normale su segmento vertebrale anomalo). E’ importante sottolineare l’apporto dato dai muscoli, dai legamenti, dalle capsule articolari alla stabilità vertebrale. 3- Qual’è la definizione clinica dell’instabilità segmentaria ? una instabilità segmentaria esiste quando uno stimolo meccanico fisiologico provoca dolore lombare acuto 0 cronico. I pazienti possono presentare un’ampia varietà di sintomi (lombalgia centrale senza sciatalgia, una lombalgia laterale con sciatalgia o cruralgia da intrappolamento dinamico della radice nervosa o un blocco lombare acuto. Tra i segni di maggior riscontro troviamo lombalgie recidivanti improvvise in attività di scarso rilievo, accompagnati da deficit neurologici variabili e spesso transitori associati a “blocchi” nella flesso-roto-estensione della colonna. Qual’è la natura radiologica dell’instabilità segmentaria ? I segni radiografici più significativi sono: il restringimento dello spazio discale (discopatia) dovuto a degenerazione che può determinare lombalgia, disturbi neurologici tipo disestesie, sciatica posteriore o anteriore. Gli osteofiti da trazione sono indice di instabilità in quanto sono prodotti da sollecitazioni anomale sulle inserzioni più esterne dell’anulus fibroso, mentre quelli uncinati sono la risposta fisiologica a carichi in compressione (storia clinica di lavori pesanti). Un malallineamento vertebrale come la retro-spondilolistesi possono determinare lombalgie con sintomi neurologici (i rilievi radiografici significativi sono sono le deformità in rotazione dei peduncoli, la perdita del normale allineamento delle apofisi spinose. Si può ritenere non accettabili spostamenti nei test dinamici in max flessione ed estensione superiori a 3 mm). Nei bendings laterali una vertebra può spostarsi lateralmente rispetto alla sottostante e i processi spinosi non si spostano in modo armonico verso la concavità.
Classificazione delle instabilità segmentarie – La classificazione è di tipo eziopatogenetico e prende in causa diverse eventualità che possono arrecare danni alle strutture osteo-artro-legamentose responsabili della statica e della dinamica vertebrale: 1 fratture e/o lussazioni vertebrali. 2 infezioni a carico della colonna anteriore con progressiva riduzione in altezza del corpo vertebrale. 3 neoplasie primarie e secondarie da riduzione in altezza del corpo vertebrale e post chirurgiche. 4 spondilolisi-listesi. 5 su base degenerativa post discectomie. 6 scoliosi. 7 post artrodesi soprattutto sopra e sotto l’artrosi. 8 le instabilità su base degenerativa sono caratterizzate nel decorso degli anni da una degenerazione del disco o da una alterazione delle faccette articolari posteriori, queste articolazioni sono parti costitutive di un unico complesso articolare dove esiste una stretta dipendenza (disco intervertebrale e le due faccette articolari posteriori). Il cattivo funzionamento di un componente articolare influisce sul comportamento delle altre (degenerazione combinata nel complesso delle 3 articolazioni). Inoltre le alterazioni segmentarie di un complesso delle 3 articolazioni può successivamente influenzare il livello sovrastante o sottostante. Il complesso delle 3 articolazioni é costituito dall’articolazione intervertebrale tra le 2 vertebre del segmento motore (il disco forma un’articolazione tra i 2 corpi vertebrali e le 2 faccette articolari posteriori). Quando una struttura di questa articolazione si altera, il cattivo funzionamento determina l’alterazione delle altre componenti es: quando vi è un’ernia discale c’è sempre un’alterazione delle faccette articolari posteriori e viceversa). La degenerazione dell’articolazione posteriore determina una reazione sinoviale meccanica, la cartilagine ialina che ricopre le faccette articolari posteriori si “sfibra” e perde il suo spessore, determinando una lassità capsulare che porta col tempo una sublussazione delle articolazioni posteriori. Le superfici articolari delle faccette articolari reagiscono alla instabilità producendo osteofiti che causano un allargamento delle faccette stesse. La degenerazione discale inizia dopo i 20-30 anni con formazione di lacerazioni radiali concentriche a livello dell’anulus fibroso penetrando nel nucleo polposo. Il disco perde così la sua altezza e la stabilità meccanica. Come reazione all’instabilità si formano osteofiti attorno alla periferia dei corpi vertebrali e all’inserzione dell’anulus. Le alterazioni nelle due articolazioni posteriori e nell’articolazione anteriore determinano una degenerazione combinata del complesso delle tre articolazioni.
Trattamento : poiché non abbiamo la possibilità di diagnosticare con sicurezza una instabilità clinica nelle fasi precoci (eccetto una instabilità traumatica), una stabilizzazione chirurgica mediante artrodesi deve essere decisa con estrema cautela. Generalmente l’approccio è incruento e si basa 1 nell’insegnamento delle posizioni corrette del rachide nelle attività lavorative e domestiche, 2 esercizi posturali antalgici a riposo e durante la stazione eretta, rinforzo della muscolatura spinale, stiramento delle catene muscolari posteriori, anteriori arti inferiori (ogni esercizio deve essere svolto con la regola del non dolore), 3 la fascia lombare rinforzata posteriormente con doppia chiusura a velcro anteriore, anteriormente la fascia deve essere posizionata in sede sovrapubica e la spinta sull’addome deve avvenire dal basso verso l’alto (sistema di stabilizzazione esterna ) , 4 terapia fisica mirata, 5 calo ponderale necessario e indispensabile l’abolizione di alimenti ad alto carico glicemico.
La stabilizzazione chirurgica della colonna lombare è indicata quando tutti i trattamenti conservativi risultano inefficaci. L’obiettivo della stabilizzazione chirurgica è quello di stabilizzare la colonna bloccando il movimento doloroso del segmento instabile, dovuto a usura del disco intervertebrale e delle faccette articolari con l’ausilio di viti e barre. Inoltre con l’intervento di stabilizzazione si possono risolvere eventuali compressioni a carico delle strutture vertebrali. Le tecniche di stabilizzazione chirurgica della colonna lombare possono presentare alcune complicanze quali deficit motori, infezioni post intervento, formazioni di fistole o ematomi. Generalmente in mani esperte il successo è compreso tra 80% e il 90%.
Cassi dr. Mario
Bibliografia : – La colonna lombare 1 e 2 di Weinstal e Wiesel, Verduci Editore Giornale Italiano di Ortopedia e Traumatologia Congresso SIOT